Le supercelle regine dei temporali, l'esempio di uno dei fenomeni atmosferici più violenti esistenti in natura

Si tratta dei temporali più violenti e spettacolari esistenti in natura. Il loro sviluppo è legato a condizioni di fortissima instabilità atmosferica che possono causare precipitazioni estreme, grandinate e tornado.
Le supercelle rappresentano il fenomeno temporalesco più violento che si può osservare in natura. Essa si distingue dagli altri fenomeni temporaleschi poiché al proprio interno presenta un forte moto rotatorio antiorario che favorisce lo sviluppo di un intenso un “updraft rotante”, chiamato “mesociclone”.
Ogni sistema temporalesco che presenta uno spiccato moto vorticoso al proprio interno, tale da originare degli updrafts roteanti, può venire identificato in una supercella.
In genere questi potenti sistemi convettivi si possono formare solo in determinate situazioni sinottiche, in aree di forte instabilità atmosferica, con una forte convergenza fra venti di opposte direzioni nei bassi strati ed in presenza di un wind shear verticale considerevole, esacerbato dal transito nell’alta troposfera del ramo principale del “getto polare” o di un “Jet Streak” (massimi di velocità del “getto”) ad esso collegato.
Come si forma un temporale a supercella?
Proprio grazie all’intenso “shear” del vento (variazioni di velocità e direzione del vento man mano che si sale di quota) all’interno dei cumulonembi temporaleschi si cominciano ad innescare i moti rotatori che fanno ruotare l’”updraft”, trasformandolo successivamente in un “mesociclone” ben definito.
Questi forti moti rotatori orizzontali vengono poi assorbiti dalle forti correnti ascensionali che li generano. Tali rotazioni, pur venendo in parte assorbite dagli stessi moti convettivi che alimentano i cumulonembi, tendono a far roteare le correnti ascensionali, le quali tendono ulteriormente ad intensificarsi a seguito del passaggio in alta quota della “corrente a getto”.
Il ruolo delle correnti a getto
Tale flusso d’aria, scorrendo ad altissima velocità in quota crea un vuoto d’aria, nell’alta troposfera, che viene progressivamente colmato dall’attivazione di intensi moti ascensionali che esacerbano l’attività convettiva e tendono a riempire il vuoto d’aria prodotto dal flusso stesso, aspirando aria dalla bassa troposfera.

A ciò bisogna aggiungere l’instaurazione di un forte “gradiente termico”, tra la massa d’aria fredda in arrivo e quella caldo umida preesistente al suolo in fase di sollevamento, e da notevolissimi divari igrometrici tra la massa d’aria fredda in entrata, decisamente più secca, e quella calda in sollevamento, molto più umida.
Molte volte la “wall cloud” viene preceduta da uno spettacolare invorticamento delle masse nuvolose scure, presenti alla base dei cumulonembi (evento molto comune nelle pianure degli USA centrali). La formazione della “wall cloud” evidenzia come gli intensi moti rotatori che caratterizzano la “supercella” possono estendersi verso il basso, arrivando a contatto con il suolo in determinati casi, creando le situazioni adatte per i tornado o fenomeni vorticosi altrettanto disastrosi.
La rotazione diventa più forte se il wind shear positivo è caratterizzato nei bassi strati da correnti calde e molto umide che entrano da SE o da Sud nella parte anteriore dove agisce il cosiddetto “inflow”, la corrente ascensionale colma di aria calda e umida che si spinge verso la base del temporale, mentre in quota dominano potenti flussi sud-occidentali o dai quadranti occidentali che stirano verso est o nord-est le sommità ghiacciate dei cumulonembi.

Una volta raggiunta la fase di piena maturità la continua caduta di pressione all’interno del temporale tende a rafforzare la rotazione dentro la supercella, inasprendo la fenomenologia che l’accompagna (forti rovesci, grandinate, attività elettrica, colpi di vento e tornado).
La differenza con gli altri sistemi temporaleschi
A differenza degli altri fenomeni temporaleschi nella supercella le correnti discendenti non divergono all’esterno del temporale, sull’esempio dell’”outflow”, ma vengono risucchiate all’interno di esso grazie alla presenza del “mesociclone”, favorendo la formazione della famosa wall cloud, la quale però non compare in tutte le “supercelle”.
In alcune supercelle, come quelle “classiche”, le più note in Europa, la wall cloud può risultare del tutto assente, malgrado la presenza di uno o più mesocicloni. Un’altra caratteristica peculiare della “supercella” è la grande stazionarietà su una determinata regione, indotta dalla forte convergenza nei bassi strati che si viene a realizzare attorno al sistema convettivo.
I vari tipi di supercella
Le supercelle vengono classificate in tre tipi principali sulla base delle loro caratteristiche strutturali, dinamiche e ambientali: supercelle classiche, supercelle a bassa precipitazione (LP) e supercelle ad alta precipitazione (HP).
Le supercelle classiche presentano un mesociclone ben sviluppato e una chiara separazione tra la zona di precipitazione e l’updraft. Sul radar, mostrano spesso una forma a “uncino” (il famoso hook echo), indicativa della rotazione.

Producono spesso tornado significativi, grandine di medie o grandi dimensioni e venti forti. La probabilità di tornado è più alta rispetto agli altri tipi, soprattutto se l’updraft è ben isolato dalle precipitazioni. Possono essere identificate in una struttura a “torre” con un’incudine ben definita in quota. La base della nube (wall cloud) ha spesso segni di rotazione evidenti ad occhio nudo.
Supercelle a bassa precipitazione (LP)
Le supercelle a bassa precipitazione sono caratterizzano da precipitazioni scarse o moderate, con un’updraft dominante e molto visibile. La zona di precipitazione è ridotta e spesso separata dall’updraft, il che le rende meno “nascoste” rispetto alle altre supercelle. Sul radar, appaiono compatte, con una struttura meno definita rispetto alle classiche.
Queste supercelle possono generare tornado, ma di solito di intensità più deboli, e la loro durata spesso è limitata nel tempo e nello spazio. La grandine può essere presente, ma di dimensioni più piccole.

Spettacolari invece le fulminazioni, con molti fulmini positivi che accompagnano la fase di intensificazione. Sono esteticamente belle da osservare, con un’updraft scolpita e visibile, spesso accompagnata da striature che evidenziano la rotazione.
Supercelle ad alta precipitazione (HP)
Le supercelle ad alta precipitazione sono caratterizzate da precipitazioni intense che avvolgono l’updraft e il mesociclone, rendendo la struttura meno distinta visivamente e sul radar. La zona di precipitazione è estesa e spesso si mescola con l’updraft, creando un muro di pioggia e grandine che può mascherare la rotazione.
Queste supercelle possono produrre tornado, ma meno intensi delle supercelle classiche. Questo perché la pioggia e i downdraft possono interferire con la formazione del vortice. Sono associate a grandine di grandi dimensioni, venti distruttivi e alluvioni lampo. La presenza di un’alta quantità di precipitazioni le rende spesso invisibili, con la wall cloud nascosta.
Va specificato che le supercelle possono evolvere da un tipo all’altro durante il loro ciclo di vita, ad esempio passando da classica a HP se l’umidità aumenta, o da LP a classica in presenza di maggiore instabilità.
Inoltre esistono altri tipi di supercella, come le mini supercelle, che una versione più piccola delle supercelle classiche, la cui sezione verticale raramente supera i 10 km di altezza. Queste supercelle si verificano spesso in regioni costiere o durante il passaggio di cicloni tropicali. Possono produrre tornado deboli ma pericolosi.